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La sociologia dovrà spiegarci – e in tempi ragionevoli – perché uomini e donne approcciano con contegno diametralmente opposto alla vestizione, nell’imminenza di un party estivo.
Scontata la frase di lei mentre staziona di fronte all’armadio stracolmo (“oh non ho un cazzo da mettermi”) stupisce come la preparazione dell’outfit sia vissuta tanto diversamente, come se lui e lei andassero a eventi diversi. La femmina si agghinda per profondere eleganza e sesso, battere la concorrenza, sbugiardare le rifatte, sfoggiare quell’abitino che non mette mai e se non lo mette stasera quando lo mette, lui sembra non veda l’ora di sbracarsi, in quel casual finto trasandato che insomma tanto finto non è. L’uomo vive la festa come una ghiotta occasione per liberarsi, la donna come un raro (e mai cercato) momento per esibirsi.
E quando giungi alla festa, resti abbacinato da cotanta femminea beltade: spalle inattese, décolleté mozzafiato, cosce sorprendenti, tacchi da base jumping, paillettes degne di un capodanno monegasco anche se sei ai 45 della maestra di zumba. E mentre cerchi di contenere il capogiro ipertensivo da overdose di pelle esposta, ti volti verso l’angolo aperitivo e rimani stupito dal numero di camerieri convocati. E invece no, non è il personale di sala, sono gli invitati maschi, raccolti in una macchia di colore uniforme e abbagliante: il bianco ultracandeggiato. E allora ti guardi e realizzi che pure tu non hai avuto alcuna esitazione davanti all’armadio, indossando senza tema di reprimenda la divisa virile da summer party. Camicia bianca manica lunga arrotolata sull’avambraccio, rigorosamente fuori dai pantaloni.
La spiegazione? Semplice, e prevedibile come spesso è l’uomo: il bianco fa onore alla festa e l’abbandono dei lembi fuori dalla cinta svolge il duplice ruolo di comunicare informalità e celare la rotondità che dopo i quaranta tende a stabilizzarsi e a conferire fascino, magari in magica combo col capello brizzolato.
Mo vi voglio davanti all’armadio.